Teatro

La cattività e il bisogno

La cattività e il bisogno

Metti una sera in un camerino due attrici, ma non due attrici di prosa o di cinema, bensì di film porno, che fra un ciak e l’altro trovano il tempo di scambiare quattro chiacchiere.

Il risultato è un incontro che diventa un momento di reciproco ascolto, di solidarietà  e di conforto.  Questo il tema dello spettacolo Di viscere e di cuore, scritto e diretto da Lucilla Lupaioli, in scena alla Galleria Toledo per il Fringe del Teatro Festival Italia.

Myra e Gatta, rappresentano due modi diametralmente opposti di vivere la stessa condizione di donna-oggetto, tanto da usare anche dei termini differenti per autodefinirsi: un più volgare ma realistico "attrice porno" per  Gatta, un più sofisticato ed ingannevole “hard” per Myra. Una diversità che affonda le radici nei loro vissuti e nel percorso che le ha portate ad entrare nel mondo del cinema a luci rosse, nel quale ha avuto un ruolo determinante “l’uomo”, che nei racconti delle due donne assume sempre una connotazione negativa.

Myra, interpretata da Anna Bellato, è fuggita dalla realtà provinciale del paesino del nord-est in cui viveva, nel quale ormai era stata etichettata come una ragazza dai facili costumi, trovando una sua dimensione come attrice hard, al punto di arrivare ad identificarsi con il suo nome d’arte. Gatta, impersonata da Michela Fabrizi, è un’ex tossicodipendente, dura e aspra, che per necessità è arrivata anche a prostituirsi, ma si rivela inaspettatamente aggrappata al sogno di poter godere le piccole gioie di una vita normale.

Entrambe sono arrivate a fare le pornostar quasi per caso, non perché fosse il loro sogno di bambine, ma perché a volte le scelte, anche se non sono obbligate, sembrano seguire una linea tracciata dal destino dalla quale è difficile discostarsi. L’incontro fra le due donne è intimo e segreto, e la reciproca comprensione più che attraverso il linguaggio verbale passa attraverso un linguaggio fisico, dei corpi, quegli stessi corpi sfruttati e usati come una merce, che invece insieme ritrovano una dimensione umana.

Una solidarietà al femminile nata in uno spazio fisico, che in realtà è uno spazio interiore,  così forte da portarle ad immaginare una vita diversa insieme, lontane da tutto e tutti, per reinventarsi un’esistenza. Ma è solo la follia di un attimo e il richiamo alla realtà è così forte per Myra che, allo schiocco di frusta dall’altoparlante che annuncia che la pausa è finita, è incapace di ribellarsi e di seguire il proprio istinto.

Brave le due interpreti, salutate da un lungo applauso del pubblico presente in sala, che sono riuscite a dare una forte carica di umanità e spessore psicologico ai due personaggi.